di Nando de Angelis www.rinascita.info
Avete notato come sono tutti preoccupati per quanto sta accadendo in Campania? In particolare questa preoccupazione serpeggia tra i politici del centro sinistra che fanno a gara per trovare soluzioni alla bomba che è scoppiata loro tra le mani. E fanno bene ad essere allarmati, qui non siamo di fronte alle “spallate mediatiche” del buon Berlusconi che da un lato tuona contro il nemico “comunista” e dall’altro amoreggia con l’amerikano Veltroni, ma di fronte la rabbia di un popolo che questa volta sembra proprio non mollare. Ora hanno veramente il terrore di perdere una regione chiave come la Campania che, da dieci anni è sotto il loro stretto controllo e dove hanno gestito allegramente l’affare rifiuti che risulta essere una commistione fra potere politico bipartisan locale e nazionale, potere industriale di provenienza “nordista” e potere malavitoso autoctono, molto ben radicato sul territorio. Una gestione allegra che il presidente Napolitano, prima preoccupato e poi allarmato, conosce bene, non per le sue origini partenopee, ma per avere firmato, in qualità di ministro dell’interno, l’ordinanza del 31 marzo 1998 che ha spianato la strada al disastro di questi giorni. Un’ordinanza, partorita dall’allora ministro per l’ambiente Ronchi all’epoca (guarda caso) rappresentante dei verdi, che prevedeva il lancio della raccolta differenziata, la produzione di CDR e la realizzazione di termovalorizzatori dove sarebbero finite bruciate le tristemente famose “ecoballe”. Pianificato inizialmente in collaborazione con il potere locale rappresentato dall’ex-missino Rastrelli, allora presidente della Regione, venne messo in pratica dall’amministrazione di sinistra e in particolar modo dal governatore Antonio Bassolino. La gara d’appalto per la realizzazione e la gestione degli impianti di CDR e dei due termovalorizzatori fu vinta dalla Impregilo dei fratelli Romiti, notoriamente vicina alla sinistra ulivista. Nel giro di pochi anni furono realizzatti ben sette impianti CDR. Ma poco importava all’attuale presidente della Regione Campania, agli imprenditori e ai tecnici della Impregilo che tipo di ecoballe si producessero in questi impianti. A nessuno interessava che il ciclo dei rifiuti si sarebbe potuto chiudere solo con l’incentivazione della raccolta differenziata e che, nel territorio, quest’ultima si attestasse su percentuali prossime allo zero e che, di conseguenza, le ecoballe risultavano non conformi al trattamento in termovalorizzatore. La ragione di questo disinteresse? Semplice, perchè lo stoccaggio delle ecoballe è un enorme affare per chi gestisce la filiera del trasporto e della messa in discarica “provvisoria” di questa spazzatura. Sono passati quattordici anni dall’infausto inizio delle stagioni “commissariali” e nel tempo le discariche, intasate da circa 6,5 milioni tonnellate di ecoballe, si sono esaurite. Ma lo stato continua a sborsare soldi per lo stoccaggio “provvisorio”, circa 150 euro a tonnellata che vanno ad aggiungersi ai 120 pagati alla Impregilo per la realizzazione di ecoballe fuorilegge ed ai 20 euro a tonnellata per il trasporto. Moltiplicando queste cifre per 6,5 milioni di tonnellate ben si capisce perché nessuno ha mai avuto interesse a risolvere realmente il problema rifiuti.
Qui la “monnezza” è una miniera d’oro, poco importa se a farne le spese è la comunità di popolo. E il conveniente affare continua: il problema imminente nel caos rifiuti è quello trovare un posto “provvisorio” per stoccare le circa 120.000 tonnellate di rifiuti che invadono siti e strade e si vuole risolvere il problema inasprendo le stesse procedure che hanno creato il disastro, imponendo militarmente aperture di discariche improbabili e pericolosissime, in primis quella di Pianura, nel cuore di un quartiere ad alta densità abitativa. Ed anche l’insistenza sull’apertura in luoghi ritenuti non idonei dalla stragrande maggioranza dei tecnici del settore appare sospetta. Non trova giustificazione alcuna non aver preso in considerazione siti alternativi e certamente più idonei di quelli “imposti” dai vari commissari di governo, tutti stranamente individuati nelle zone più incredibili per allestire discariche (oasi, terreni agricoli, parchi naturali, zone protette, falde acquifere, terreni deboli...) come ad esempio Serre, Terzigno, Pignataro Maggiore che risultano essere tra le più fertili della Campania e dell’intero centrosud. Eppure questi siti alternativi ci sono: il geologo prof. De Medici, dell’Assise di Palazzo Marigliano, ne aveva individuati ben 15, tutti in zone isolate ed a parecchi chilometri da insediamenti urbani e coltivazioni agricole. Ma questi siti, che, a detta dei tecnici, risultano paesaggisticamente, turisticamente, idrogeologicamente e logisticamente adatti, non sono mai stati presi in considerazione, si è sempre preferito optare per vecchie discariche e cave dimesse già utilizzate dalle organizzazioni malavitose per sversare illegalmente migliaia di tonnellate di rifiuti tossici. Il sospetto, legittimo, che nasce da tanta insistenza è che intervenendo con le proprie discariche “legali”, qualcuno stia cercando di cancellare l’illegalità precedente.
Qui la “monnezza” è una miniera d’oro, poco importa se a farne le spese è la comunità di popolo. E il conveniente affare continua: il problema imminente nel caos rifiuti è quello trovare un posto “provvisorio” per stoccare le circa 120.000 tonnellate di rifiuti che invadono siti e strade e si vuole risolvere il problema inasprendo le stesse procedure che hanno creato il disastro, imponendo militarmente aperture di discariche improbabili e pericolosissime, in primis quella di Pianura, nel cuore di un quartiere ad alta densità abitativa. Ed anche l’insistenza sull’apertura in luoghi ritenuti non idonei dalla stragrande maggioranza dei tecnici del settore appare sospetta. Non trova giustificazione alcuna non aver preso in considerazione siti alternativi e certamente più idonei di quelli “imposti” dai vari commissari di governo, tutti stranamente individuati nelle zone più incredibili per allestire discariche (oasi, terreni agricoli, parchi naturali, zone protette, falde acquifere, terreni deboli...) come ad esempio Serre, Terzigno, Pignataro Maggiore che risultano essere tra le più fertili della Campania e dell’intero centrosud. Eppure questi siti alternativi ci sono: il geologo prof. De Medici, dell’Assise di Palazzo Marigliano, ne aveva individuati ben 15, tutti in zone isolate ed a parecchi chilometri da insediamenti urbani e coltivazioni agricole. Ma questi siti, che, a detta dei tecnici, risultano paesaggisticamente, turisticamente, idrogeologicamente e logisticamente adatti, non sono mai stati presi in considerazione, si è sempre preferito optare per vecchie discariche e cave dimesse già utilizzate dalle organizzazioni malavitose per sversare illegalmente migliaia di tonnellate di rifiuti tossici. Il sospetto, legittimo, che nasce da tanta insistenza è che intervenendo con le proprie discariche “legali”, qualcuno stia cercando di cancellare l’illegalità precedente.
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