Ospite del programma Radio anch’io, l’ex alleanzino Fini ha fatto la sua solita performance tra passato e presente. Al centro delle critiche c’è la sua scelta piuttosto contraddittoria: prima contro il Pdl ora nel Pdl. E’ bene ricordare che il leader di An all’epoca dell’annuncio di Berlusconi di dar vita al partito del popolo della libertà aveva detto chiaramente che mai il suo partito si sarebbe sciolto per confluire nel Pdl. Ora, le cose stanno diversamente per via di una presunta accettazione di un programma condiviso. Ma per lo scioglimento del partito ci sarà tempo: il congresso è previsto per il prossimo autunno. E da perfetto democratico Fini si affida agli iscritti: saranno loro a decidere di che morte morire. La perfetta sintonia con Berlusconi più che legata ad una questione di condivisione del programma alla base del nuovo partito sembra più che altro legata ad una sorta di successione.
Pungolato dal direttore di Radiouno Antonio Caprarica sulla questione calda del Kosovo, il leader di An dimostra… di che pasta è fatto ovvero dice di condividere la decisione indipendentista dei kosovari. In pratica si allinea senza una sbavatura alla tesi del ministro degli Esteri Massimo D’Alema. Quando, poi, sosteniamo che centrosinistra o centrosinistra sono la faccia della stessa medaglia non diciamo eresie.
E’ proprio così! Chi pensa che tra i due schieramenti ci siano delle differenze sostanziali continua a non vedere e a non capire. Sia in politica estera che in politica interna questi due raggruppamenti praticano la stessa politica liberista e guerrafondaia imposta dagli atlantici. Non dimentichiamo che D’Alema, nel ‘99 all’epoca del suo governo, si è reso autore dell’infame bombardamento su Belgrado. E adesso ha anche la spudoratezza di parlare dell’indipendenza del Kosovo come di un caso sui generis, in quanto con un colpo democratico è passato dai serbi alla giurisdizione dell’Onu. E Fini condivide pienamente questa scelta imposta dagli amerikani. Un vero e proprio obbrobrio del diritto internazionale.
Non c’era certo bisogno di questa conferma per capire che ci troviamo di fronte a due schieramenti del tutto simili e in totale sudditanza al potente d’Oltreoceano.
Ma passiamo ad altri temi trattati dal democratico Fini. Sulla decisione di Giuliano Ferrara di presentare una lista antiaborista il leader di An sostiene che sarebbe più opportuno non dare vita ad una lista del genere su una questione drammatica come l’aborto.
Sui vari passaggi che hanno portato l’ex Msi in An e ora nel Pdl, l’alleanzino con la kippah se la cava filosoficamente, affermando che nella vita ci sono momenti in cui bisogna assumersi delle responsabilità per guardare al futuro. “Se la sinistra piange -ha osservato l’alleanzino- e ha sempre le lacrime agli occhi è perché è nostalgica e guarda al buon tempo che fu. La destra, invece, è ottimista e guarda avanti”.
Invece, nel faccia a faccia con Bertinotti a Porta a Porta abbiamo assistito ad un siparietto sulla querelle della flessibilità del lavoro legata alla legge Biagi. La considerazione di Fini secondo la quale “se un imprenditore dopo sei mesi di prova di un lavoratore ha finito le commesse o si accorge che quel lavoratore non è bravo, credo che abbia il diritto di non confermarlo” ha irritato il leader dell’Arcobaleno. “…ma allora vuoi la precarietà…” ha replicato l’InFausto “io invece credo che se un lavoratore che hai avuto per sei mesi è bravo è giusto tenerlo”. Ovvietà che stonano di fronte alle responsabilità dello stesso Bertinotti che nel ’97 all’epoca dell’introduzione del famigerato pacchetto Treu, parente stretto della legge Biagi, non ha certo pensato alla difesa dei lavoratori. Senza dimenticare che durante la precedente campagna elettorale delle politiche 2006 il partito rifondarolo aveva promesso l’azzeramento della legge Biagi. Invece, è ancora pienamente operativa a danno dei lavoratori. Ma si tratta dei soliti danni collaterali le cui responsabilità appartengono in modo bipartisan ai due schieramenti.
Pungolato dal direttore di Radiouno Antonio Caprarica sulla questione calda del Kosovo, il leader di An dimostra… di che pasta è fatto ovvero dice di condividere la decisione indipendentista dei kosovari. In pratica si allinea senza una sbavatura alla tesi del ministro degli Esteri Massimo D’Alema. Quando, poi, sosteniamo che centrosinistra o centrosinistra sono la faccia della stessa medaglia non diciamo eresie.
E’ proprio così! Chi pensa che tra i due schieramenti ci siano delle differenze sostanziali continua a non vedere e a non capire. Sia in politica estera che in politica interna questi due raggruppamenti praticano la stessa politica liberista e guerrafondaia imposta dagli atlantici. Non dimentichiamo che D’Alema, nel ‘99 all’epoca del suo governo, si è reso autore dell’infame bombardamento su Belgrado. E adesso ha anche la spudoratezza di parlare dell’indipendenza del Kosovo come di un caso sui generis, in quanto con un colpo democratico è passato dai serbi alla giurisdizione dell’Onu. E Fini condivide pienamente questa scelta imposta dagli amerikani. Un vero e proprio obbrobrio del diritto internazionale.
Non c’era certo bisogno di questa conferma per capire che ci troviamo di fronte a due schieramenti del tutto simili e in totale sudditanza al potente d’Oltreoceano.
Ma passiamo ad altri temi trattati dal democratico Fini. Sulla decisione di Giuliano Ferrara di presentare una lista antiaborista il leader di An sostiene che sarebbe più opportuno non dare vita ad una lista del genere su una questione drammatica come l’aborto.
Sui vari passaggi che hanno portato l’ex Msi in An e ora nel Pdl, l’alleanzino con la kippah se la cava filosoficamente, affermando che nella vita ci sono momenti in cui bisogna assumersi delle responsabilità per guardare al futuro. “Se la sinistra piange -ha osservato l’alleanzino- e ha sempre le lacrime agli occhi è perché è nostalgica e guarda al buon tempo che fu. La destra, invece, è ottimista e guarda avanti”.
Invece, nel faccia a faccia con Bertinotti a Porta a Porta abbiamo assistito ad un siparietto sulla querelle della flessibilità del lavoro legata alla legge Biagi. La considerazione di Fini secondo la quale “se un imprenditore dopo sei mesi di prova di un lavoratore ha finito le commesse o si accorge che quel lavoratore non è bravo, credo che abbia il diritto di non confermarlo” ha irritato il leader dell’Arcobaleno. “…ma allora vuoi la precarietà…” ha replicato l’InFausto “io invece credo che se un lavoratore che hai avuto per sei mesi è bravo è giusto tenerlo”. Ovvietà che stonano di fronte alle responsabilità dello stesso Bertinotti che nel ’97 all’epoca dell’introduzione del famigerato pacchetto Treu, parente stretto della legge Biagi, non ha certo pensato alla difesa dei lavoratori. Senza dimenticare che durante la precedente campagna elettorale delle politiche 2006 il partito rifondarolo aveva promesso l’azzeramento della legge Biagi. Invece, è ancora pienamente operativa a danno dei lavoratori. Ma si tratta dei soliti danni collaterali le cui responsabilità appartengono in modo bipartisan ai due schieramenti.
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